Onore ai Partecipanti di ‘FRom Whatsapp With Love’

Hola Readers!!

Ci tenevo a fare un Recap dell’evento!

In primis ringrazio tutti coloro che mi hanno letto e che hanno partecipato  a questa mia follia. E’ il primo evento che ho creato, ma dietro ci sono due cervelli 😉

Il piano era divertirsi e direi che ci siamo riusciti, i miei favolosi giudici hanno decretato non un ma ben due vincitori:

Miss Verdiana Rigoglioso che ha vinto l’intervista su: bookoria.altervista.org

 

Mentre Mister Alberto Diamanti ha vinto il premio della critica!!!

Meno male che non ho dovuto scegliere io… perché ho amato tutte le versioni…

Per cui bando alle ciance e  vi faccio un bel copia- incolla…

Buona lettura….

Kamy 

Partecipante al: “From WhatsApp with Love… – Scrivi una storia breve e vinci un’intervista su Bookoria”.
(Sperando vada messo qui come commento e di non aver frainteso).
Ero entrato da Diners per una solita serata tra amici, di quelle in cui la massima aspirazione è rimorchiare una. Alcuni di loro erano già riusciti nell’intento e sicuramente si stavano divertendo nel bagno del locale, mentre gli altri stavano schiamazzando vivacemente sulla partita fuori, fumandosi una sigaretta. Io, come al solito, ero rimasto tristemente solo al bancone del bar, dopo aver finito metà di una confezione di patatine. Ero un imbranato di prima categoria e come un povero sfigato non riuscivo a reggere nemmeno più di una red bull. L’occhio mi cadde su una ragazza, di quelle che noti praticamente subito. Non era tanto per il suo corpo fasciato da un mini abitino nero, che comunque metteva in risalto le sue forme su cui sicuramente i miei amici avrebbero fatto un pensierino. No, era la leggiadria con cui si muoveva dentro quel locale superaffollato. Io sarei andato a sbattere praticamente contro chiunque, cosa che avevo fatto per arrivare fino al bar. Il suo sorriso era accentuato da un rossetto rosso fuoco, ma ammetto che più volte il mio sguardo era sceso, aveva due gambe da favole strette da leggins. Solitamente erano le ragazzine più giovani, emo e sfigate a fare le dark; ma in quel caso era diverso, sembrava che quella moretta stupefacente fosse nata per vivere in quei panni. Diamine, aveva persino gli anfibi, come diamine riusciva a scivolare sinuosamente tra i tavoli? Raggiunse anche lei il bancone e mi scese un brivido lungo la schiena. Era una favola!
I nostri sguardi si incrociarono per un istante. Se fossi stato uno dei miei amici probabilmente le avrei offerto da bere, ma diamine ero un tale imbranato che mi si seccò la gola. Non avrei mai avuto il coraggio di parlarle. E poi a che pro? Una come lei non avrebbe mai calcolato uno come me.
Il Barista la salutò amichevolmente, doveva essere una cliente fissa. Strano, anche io ci venivo spesso, ma non l’avevo mai notata.
“Ehi Bree come butta?” le domandò. Bree, persino il nome era una figata. Dovevo essere stato cieco e sordo, o solo immensamente stupido, per essermela lasciata sfuggire.
“Bene John, grazie, giornata tosta in tribunale”. John, che razza di nome comune è John? Perché deve parlare con un John ed invece io non riesco a dire niente?
“Prendi il solito?”.
“Sì grazie, sei un tesoro”. Il solito si rivelò essere una corona condita e una busta di patatine. Hai capito John? Con lei era tutto melenso ed il suo ordine lo conosceva a memoria. A me rifilò due anacardi, per sbaglio.

Il locale era davvero gremito, pensavo che mi sarebbe toccato sgomitare per riuscire a districarmi tra tutta questa gente. Poco male, se pensavano che una futura avvocatessa, specializzata in divorzi, si spaventasse; avevano fatto male i loro conti.
“Ehi Meg, ho visto un bellissimo ragazzo al bancone” dissi alla mia migliore amica. Pensavo che avere un’amica del cuore fosse una cosa legata al passato, all’infanzia. Con Meg, però, c’era stata subito chimica. Forse perché eravamo entrambe stagiste, forse perché mi serviva una spalla con il capo terribile che ci eravamo ritrovate o semplicemente perché amavamo entrambe scrivere.
“Gli hai parlato?”. Mi domandò con un po’ troppo interesse. Sarà che lei era abituata ad essere circondata da uomini, con cui usciva un paio di volte per poi sabotare la relazione. Guai ad essere ingabbiata in una storia stabile, e sì che in realtà nelle altre cose aveva la testa sulle spalle, mi ricordava dannatamente mia madre.
“Certo che no, è più il tuo tipo”. Avevo sentito il battito cardiaco aumentare. Maledizione, avevo cominciato a soffrire di tachicardia.
“Giornata dell’autostima? E che hai fatto?”. Meg si era incuriosita, ma rispondere al suo interrogatorio non mi andava in quel momento. Insomma, stavo per morire di tachicardia!
“Sono rimasta lì a vedere la sua faccia mentre me ne andavo con le patatine, era impagabile… mi avrà odiato… John gli ha dato mezza ciotola di anacardi tristi”. Mi interrogai sul fatto che improvvisamente faceva un caldo assurdo nel locale e mi convinsi della necessità di tenere bassi i riscaldamenti.
“Che antipatica che sei…”. Quando Meg faceva così, avevo voglia di ucciderla o comunque di prenderla a calci in quel sedere perfetto che si ritrovava.
“Meg mica potevo raccontargli che avevo seguito la causa di John che aveva fatto un affare con l’acquisto del Diners e che come compenso avevo chiesto alcool e patatine a vita”.
“No, infatti, dovevi solo dirgli ciao”.
“Noooo, uno come lui non guarderebbe mai una come me”. E lo pensavo fermamente. Insomma alto, aitante, occhi chiari. Invece io ero una dark, con una madre che tentava in tutti i modi di renderla hippie.
Passai ‘casualmente’ vicino al suo tavolo, volevo risentire la sua voce, volevo rivedere il suo sorriso, parlava dell’uscita di ‘The force awakens ’. Adoravo star wars. Sentii che un suo amico lo chiama Damian e che era intenzionato a diventare un cliente abituale del locale.

 

ALBERTO DIAMANTI

Un giorno, una rampante giornalista,

andando al lavoro, di mattina presto,

vide sul suo tavolo una lista…

…e accanto a quella lista, un breve testo,

scritto dal suo Capo, di proprio pugno.

“Devo dirti una cosa importante !!!!!..”

Lei giá si immaginava lui, col”grugno”

perchè il suo Capo era sempre arrogante :

ma stavolta…chissá come mai…chissá perché

sentiva nascere un’opportunitá…

In quella redazione erano in tre,

“Sapete se ci sono novitá?”

chiese alle altre due colleghe…

“Sapete oggi il Capo cosa vuole??

Perchè oggi io…non voglio ‘beghe’.

e assecondare il Capo…assai mi duole!

A meno che non ci sia una svista,

prima ho trovato sulla scrivania

un foglio con una scritta, ed una lista

che devo ancor guardare e fare mia :

ora ve la leggo :   VOGLIO RUBRICA NUOVA,

NUOVE IDEE PER I LETTORI

ADESSO TI METTO ALLA PROVA :

TROVA UNA SOLUZIONE… OPPUR SEI FUORI !!!”

Capite adesso ? Una nuova rubrica

vuole da me, oggi… rapidamente…

…ma io non so…io non lo so mica

se ce la faccio… devo spremermi la mente!!!

Mi verrá pure una bella idea

per fargli vedere tutto il mio valor…

perchè ciò che si inventa, quello che si crea

è frutto dell’impegno sul lavor !!! ”

E cosî, la brava giornalista

si mise lî a cercar la soluzione

per dare vita e corpo a quella lista

e dar soddisfazione al suo “padrone”!

Ma mentre era lî che si scervellava

alla ricerca di un’idea nuova,

sentî che il telefonino “messaggiava”…

Una delle colleghe gli dice : “Prova

a vedere cosa ti hanno scritto…

…magari uno spunto ci potrai trovare

…sai…le mie amiche si scrivon “fitto fitto”

centinaia di messaggi…non ti pare

un occasione per farlo stare zitto

quel Capo che ti mette alla berlina,

che vuol sempre metterti alla prova?

Coraggio, diamogli una bella lezioncina

e diamogli un’idea davvero nuova !”

Le giornaliste presero i telefonini

e cominciarono a scaricar commenti

e testi vari dai loro messaggini ;

e dopo avverne scaricati tanti

trovarono un bel  filo conduttore

tra tutti quelle frasi, anche banali

ma in modo tale da creare storie…

forse un po’ strane… ma tanto originali !!!

Quando fecero vedere il risultato

di questo lavoro, il Capo non credeva

ai propri occhi… ne fu estasiato !

.. era proprio quello che voleva…

…e disse : “Questa rubrica, per sempre rimarrá…

ne son sicuro…ne sono certo, adesso !

“FROM WHAT’S APP WITH LOVE si chiamerá,

ed avrá tantissimo successo !!!”

 

Melissa Pratelli

E così ero innamorata di lui. Ci avevo messo secoli a capirlo, l’aveva capito prima Megan di me. Chissà se Damian ci era arrivato, forse era proprio di questo che voleva parlarmi quella volta al Diners, prima di partire.
Ma come avevo potuto essere così scema? Tachicardia, sul serio? Ma fatti due domande, no?
Cosa potevo fare a quel punto? Damien era partito, lo stage durava sei mesi e, a quel che sembrava, aveva già rimpiazzato sia me che Megan con una nuova fiamma, una bonazza messicana del nome improbabile.
No, no Brianna non farti frenare di nuovo, non lasciar perdere! Se ce l’ha fatta Jules, la ragazza di wa, puoi farcela pure tu, sei grande e vaccinata.
Passai la nottata a controllare i voli, a cercare coincidenze e a spulciare le offerte last minute. Alla fine trovai un volo per il Messico, partiva due giorni dopo. Dovevo andare da lui, dovevo capire se potevamo essere di più, non potevo lasciarlo andare di nuovo come una sciocca, avrei dovuto fermarlo molto tempo prima. Se solo ripensavo alla storia della tachicardia mi veniva voglia di prendermi a schiaffi da sola.
Il giorno successivo piombai in ufficio come una furia. Andrea mi prese per una squilibrata. Lo avvisai che sarei partita e lui sfoggiò la sua migliore smorfia di disappunto.
-Me sei impazzita? Che vai a fare in Messico così, di punto in bianco?- sbraitò accalorato. Mi sorpresi di non veder uscire del fumo dalle sue narici.
-Devo risolvere il problema della mia tachicardia- replicai decisa, certa di confonderlo ancora di più.
Andrea grugnì. -E devi espatriare per farlo?-
-Esattamente. Non resterò a lungo, ti terrò aggiornato sul mio rientro. Devi concedermelo.-
Alla fine Andrea non sputò fuoco e nemmeno mi mandò al diavolo, anzi, si arrese e mi augurò buon viaggio, seppure a denti stretti.
Un passo era fatto. Corsi a casa, preparai le valige, riesumai il passaporto, sperando fosse ancora valido -grazie al cielo sì- e passai l’intera giornata a percorrere la casa avanti e indietro, incapace di stare ferma, impaziente come mai lo ero stata prima.
Comunicai alle mie lettrici del mio piccolo viaggio alla scoperta dell’amore e fui sommersa di incoraggiamenti, consigli e richieste di souvenir.
Finalmente fu ora di partire, arrivai all’aeroporto con quattro ore di anticipo, check-in, controllo bagagli, metal detector -no, non sono una terrorista posso riavere le mie scarpe? Grazie…-
Le ore successive furono un crescendo di ansia ed emozione ad alternanza regolare. Non avevo idea di cosa avrei fatto una volta sbarcata.
Alla fine atterrai. Cominciai a scorrere febbrilmente i messaggi che avevo scambiato con Damien alla ricerca del suo indirizzo. Eppure ricordavo me l’avesse detto una volta, eccolo!
Raccattai la valigia e corsi fuori dall’aeroporto, dove fui accolta da una folata di aria afosa che mi mozzò il respiro. Chiamai un taxi e consegnai all’autista l’indirizzo, gesticolando. Il mio spagnolo lasciava molto a desiderare.
Ero lì. Davanti ad un piccolo stabile dal quale erano stati ricavati quattro appartamenti, Damien stava al secondo piano. Suonai il campanello ma nessuno rispose; per un orribile istante temetti di ritrovarmi la bonazza messicana alla porta. Mi passai una mano sulla fronte per asciugare il sudore e mi accasciai sui gradini dell’ingresso. Prima o poi doveva pur tornare, no?
Passarono ore, il sole tramontò. Le persone che passavano di lì mi scrutavano con espressioni accigliate, domandandosi se fossi una vagabonda o semplicemente un’ubriacona.
Forse si è trasferito da Margarita…
Fu in quel momento che mi arrivò un suo messaggio:
“Bree, ciao”
Diceva solo questo. Il mio cuore stava per esplodere e stavo per avere un attacco isterico per un semplice ciao. Mi trattenni a stento dal mandarlo al diavolo.
“Danny… sei a casa?”
“No, sono all’aeroporto”
Ok, ora mi prende un colpo secco.
“Fermo, perché sei all’aeroporto?”
“Mi manchi. C’è una cosa importante che devo dirti”
“Sì, pure io. Infatti ti sto aspettando davanti a casa tua. Sì, hai capito bene, sono in Messico e mi sto liquefacendo sui tuoi gradini.”
Dopo il mio messaggio il telefono ammutolì, mi domandai se le mie parole non l’avessero fatto salire sul primo volo per Shangai. Ebbi la mia risposta venti minuti dopo quando, affannato e radioso, Damien si parò di fronte a me, sollevandomi di peso dai gradini e stringendomi a sé, nonostante il mio aspetto terribile.
-Ma cosa ci fai qui? Perché non mi hai avvisato del tuo arrivo?-
-Danny non ero tachicardica- annunciai apparentemente senza alcun nesso logico –e avevo anche un aspetto più presentabile tre ore fa, quando mi sono accasciata qui- aggiunsi in mia difesa. Damien però mi guardava come se fossi la cosa più bella che lui avesse mai visto. Tiè Margarita!
-Di cosa stai parlando?-
-Parlo di te e di me. Ci sono arrivata tardi ma, meglio tardi che mai. Ho preso il primo aereo che ho trovato per dirtelo. Sono innamorata di te, da sempre.-
Damien mi osservò sbigottito e poi, senza proferire parola, mi avvolse tra le sue braccia e mi baciò, come se non potesse farne a meno, come se avesse aspettato chissà quanti anni per farlo e forse era proprio così.
-Era ora che te ne accorgessi!- sussurrò, separandosi dalle mie labbra, la testa appoggiata alla mia e gli occhi socchiusi. –Era una vita che ti aspettavo. Non ho mai voluto altri che te.-
Mi tremavano le gambe, un finale perfetto per una ragazza imperfetta, un amore dolce e complice per una donna che credeva che non avrebbe mai trovato la sua metà. Invece era lì, era sempre stato sotto il mio naso e tutto il mio corpo aveva disperatamente tentato di farmelo capire. Persino la mia migliore amica se n’era accorta prima di me.
-Tu… tu stavi venendo da me?- domandai inebetita, ricordando l’aeroporto.
Damien ridacchiò. –Non potevo più aspettare, te lo avrei fatto capire ma sembra che tu ce l’abbia fatta, alla fine.-
-Pensa se mentre io ti aspettavo qua tu volavi verso casa…-
Scoppiammo entrambi a ridere e ci abbracciammo e poi ci baciammo di nuovo, con nuovo slancio e con maggiore intensità.
Ero arrivata al mio traguardo, finalmente. Dopo tanto correre, dopo tanto annaspare, dopo mille domande e dubbi, consigli elargiti e pasticche per la tachicardia, ero dove avrei sempre dovuto essere. Ero a casa.

 

Sylvia McPoock

“Stavo controllando la posta e trovai un suo messaggio: “domani mi sposo, indirizzo e orario, ti voglio bene”.

Non mi sorprese tanto che si sposasse, quanto il fatto che non avesse avuto bisogno di parlarmene prima, quando si era innamorata, quando ha capito di essere corrisposta o, almeno, quando la vita di coppia ha preso la direzione del “finché morte non ci separi”.
Durante questo periodo di separazione a me è mancata davvero, nessuno l’aveva sostituita nel mio cuore e, se avessi incontrato qualcuno di veramente importante, sarebbe stata la prima a saperlo con tutti i dettagli.
Certo, non le avevo raccontanto sempre tutto di me, ma avevo condiviso con lei i pensieri più intimi e i momenti più significativi degli ultimi anni, almeno finché non ha avuto bisogno di una pausa.
Maledette ‘ste pause, mica siamo dei registratori!
Comunque ero talmente felice di rivederla che ho messo da parte ogni recriminazione e mi sono concentrata sulla scelta dell’abito per la cerimonia. L’indomani non sarei mancata, sarei stata di nuovo al suo fianco, se lei me l’avesse permesso.

 

Verdiana Rigoglioso

PARTECIPO ANCHE IO – GRAZIE PER L’OPPORTUNITA’!

Mi svegliai lentamente, aprii un occhio, poi l’altro. Provai a mettere a fuoco ciò che mi circondava: armadio con anta aperta (come ogni mattino), sedia sommersa dagli abiti (si, ero e sono una di ‘quelle’ persone), un muro ricoperto di foto.
Focalizzai l’attenzione sulla foto al centro: io con un cupcake tra le mani, Meg alla mia destra, Damian a sinistra; uno scatto di vita quotidiana, la mia, la nostra.
Mi alzai sui gomiti cercando di capire perché il mio inconscio avesse voluto propinarmi questo assurdo assurdo sogno.
«Perché è assurdo, no?» Mi ritrovai a dire al vuoto attorno a me «Lo è vero? Io non posso provare niente per lui! Niente!»
Misi le mani sul viso come a voler cacciare il solo pensiero che anche il minimo sentimento provato in sogno fosse vero.
Non ebbi molto tempo per pensarci, la rubrica, il capo, Meg e Damian ovviamente, mi riportarono alla realtà e ai miei ritmi folli.
«Bree ci sei?» Megan parlava da ore e io non avevo sentito una sola parola
«Si! No! Scusa Meg!»
«Che ti prende? Non è da te questo silenzio.»
Era sinceramente preoccupata e io mi sentii ancora più colpevole.
«Devo dirti una cosa.»
Sembravo una bambina che avesse appena fatto una marachella.
«Ti ascolto.» Si avvicinò un po’ di più a me, cercando il mio sguardo con i suoi occhi.
«Io…io…» Inspirai e deglutii contemporaneamente e rischiai di soffocare «io credo di essere innamorata di Damian!»
La sua espressione fu dapprima divertita, quando capì che non stessi scherzando mi chiese «Perché credi una cosa del genere?»
Le raccontai tutto, del mio sogno, di come avessi passato la giornata a pensarci e ripensarci.
La sua domanda successiva mi spiazzò.
«Pensi di dirglielo?»
«No!»
«Perché no?»
Perché? Davvero mi stava chiedendo perché?
«Meg io non so neanche se sia vero, mi sento così in colpa,come potrei guardarlo in faccia? Ho già vomitato e rischiato un infarto prima che tu venissi. Ma dovevo dirlo almeno a te, non potevo sparire dalla vostra vita senza spiegazioni.»
Vidi una lacrima bagnarle il viso.
«Non so cosa dire.»
«Arrabbiati! Dimmi quanto ti faccia schifo, ma non piangere porca miseria!»
Stavo piangendo anche io.
«Posso provare a darti un consiglio? Anche se credo di essere piuttosto sconvolta in questo momento.»
Le feci solo un cenno con la testa.
«Secondo me dovresti provare a vederlo, a parlargli, a capire se è solo una tua momentanea perdita di senno. Magari sei sola da troppo tempo, magari hai proiettato il tuo bisogno d’amore nella persona che ti è più vicina.»
Ero davvero scioccata, la sicurezza nei confronti del loro amore mi fece sentire una grande, gigantesca stronza ma anche un’amica più fortunata di quanto meritassi.
«Se provi qualcosa per lui, allora deciderai tu cosa è meglio. Ma io non ti perdo senza un vero motivo.»
Mi addormentai tra le sue braccia e mi svegliai sola, sul mio divano, con accanto un biglietto che diceva ‘ho detto al mostro che non andrai a lavoro e a Damian che devi parlargli. Ti voglio bene e te ne vorrò sempre.’
Passai la mattina a vagare per casa come un’anima in pena, finché Damian non arrivò e io non ebbi un mezzo infarto, di nuovo.
Dapprima mi raccontò del più e del meno, lo studiai bene per capire se mi sentissi attratta e pensai
‘Chi può essere attratto da un uomo che indossa un bomber verde fluorescente?’
E ancora ‘non può piacermi uno più strano di me’
Infine ‘non posso essere innamorata di lui, non posso, non posso.’
Quando lui interruppe il mio flusso di pensieri chiedendomi perché avessi voluto vederlo gli risposi tutto d’un fiato.
«Cosa provi per me?»
Avrei voluto darmi uno schiaffo talmente forte da stordirmi.
«Che vuoi dire?» Lui rideva.
«Quello che ho detto.»
«Sei la mia migliore amica. Una sorella praticamente.»
Una sorella.
Sentirlo dire non mi fece male, anzi mi sollevò, e allora capii che forse, forse, forse l’ipotesi di Meg non era così sbagliata.
«Perché me lo hai chiesto?»
«Perché sono strana, no?»
«Ma tanto Bree, tanto strana. Ma noi ti amiamo così!»
Glissai l’argomento con grande maestria e mandai un messaggio a Meg dicendole che avesse ragione lei ma che mi sarei comunque allontanata per un po’ di tempo, perché avevo bisogno di spazi nuovi e solo miei in cui ritrovarmi e ritrovare altro.
Sembrò folle, e sempre lo sembrerà, decidere su due piedi e solo per colpa di uno stupido sogno.
Ma la stupida ero io, che rimandando i miei pensieri di donna avevo cominciato a vivere una vita guardando la vetta e perdendomi il cammino.
Ero innamorata del mio migliore amico, del fidanzato della mia migliore amica?
No.
Ero attratta da lui, mi piaceva pensare che esistesse un uomo capace di tanto sentimento, che verso di me era solo fraterno ma che aveva risvegliato in me l’amore per l’amore stesso.
Il giorno dopo dissi ad Andrea che avrei preso un periodo di aspettativa, credo che non abbia pianto per dignità.
Raccattai tutto ciò che avevo e partii alla volta di Bergen, consapevole che non stessi scappando dalla mia vita ma stessi cercando la nuova me.
E la me che tornò sei mesi dopo non aveva solo cinque chili in più e esperienze di lavoro che mai avrebbe pensato di fare; la nuova me era innamorata di se stessa e pronta ad innamorarsi ancora e ancora.

 

Jessica.

Partecipo al contest, indetto su Facebook, ‘From Whatsapp With Love’.

“Quella mattina il sole splendeva, la primavera era alle porte, sentivo un’energia nuova scorrermi nelle vene…
Come sempre ero in ritardo.
Alle dieci si sarebbe tenuta la riunione settimanale con l’editore.
Lui odiava i ritardatari.
Quella stessa mattina, la primavera doveva aver investito anche lui. Alessandro, il capo, non mi riprese sbraitando, nonostante arrivai palesemente in ritardo.
“Maledetti bus!” pensai.
Per seconda cosa, diede l’incarico di inventare una nuova rubrica per la rivista, qualcosa di frizzante! Qualcosa… al femminile!
Lo guardai perplessa.
“Io, la darkettona single? Che caffè aveva preso stamane? Lo avrei voluto anch’io…”
«Sei quella giusta! Stanotte ho avuto un’intuizione! Mi sei apparsa in sogno!» urlò, passandomi una manciata di fogli.
Accettai entusiasta l’incarico, senza riserve. Adoravo le sfide e in ogni caso contraddirlo non sarebbe stata una buona idea.
Mentre imprecavo, dirigendomi a lavoro, ebbene sì, al mio vero lavoro, cominciai a macinare idee a destra e a manca. Non desideravo una roba melensa, avevo sete di vita vera.
Volevo emozioni.
Sentimenti.
L’Amore.

Un anno più tardi…

L’iniziativa riscosse un successo talmente grande che fui costretta ad acquistare un nuovo telefono con tanto di secondo numero per le mie lettrici. Alcune vogliono rimanere anonime; altre, invece, mi inviano persino i loro selfie!
Sono finalmente riuscita a creare una rubrica sotto forma di salottino virtuale, dove le mie fan possono sedere in modo confortevole e parlare dei loro intrighi amorosi.
Non solo, pochi mesi fa ho conosciuto un tipo veramente carino da Diners… e ho preso, per sbaglio, due anacardi, invece di uno. Con la coda dell’occhio, però, ho intravisto che anche lui aveva ordinato una corona condita! A tal pensiero ho sorriso!
“Sarà forse destino?” riflettei tra me e me.
Non gli ho ancora parlato e non so se lo farò. Meg, la mia migliore amica, nei giorni scorsi mi ha ripetuto fino allo sfinimento che un tentativo va fatto. Che vada bene oppure no.
Eccolo, di nuovo.
È seduto a uno dei tavoli, da Diners, e parla amabilmente dell’imminente uscita di ‘The Forke Awakens’. Percepisco la sua voce. È allegra.
Vibrante.
A passo calmo, seppur incerto, mi faccio forza e mi dirigo verso di lui.
Purtroppo, forse, sono finita invischiata in uno di quei soliti cliché, esordendo con l’approccio più banale e insipido che questo mondo abbia mai conosciuto.

«Ciao.
Per caso, ho appena acquistato qui due sacchettini di anacardi, peccato che io sia così sazia da non poter mangiare il secondo. Arreco disturbo se lo regalo a te, piuttosto che gettarlo?
Sai, mi è stato insegnato che niente si butta e che tutto può tornare utile.
Piacere di conoscerti… io sono Brianna, e tu?».

 

Daisy

Nella storia che sto per raccontarvi, ho perso l’Amore e l’Amore ha perduto me. Mi stavo nascondendo da qualche parte e lui, pur cercandomi, non mi ha trovata. Mi ero nascosta davvero bene. Alla fine se ne è andato proprio nel momento in cui sarei volentieri uscita dal mio nascondiglio.
L’ultima cosa che ho visto di lui sono state le spalle, la sua scia, e quando ti trovi ad osservare l’ultimo bagliore di qualcosa vuol dire che hai sprecato molto tempo a fare dell’altro.
“L’Amore si vive, non si scrive.” Sono le parole di una delle partecipanti alla mia rubrica su Wathapp. E se lo dice lei che è una che scrive romanzi rosa, ci devo credere per forza. “Non lo pensare, non cercare una traduzione mentale del sentimento. Non portarlo così in alto da renderlo irraggiungibile. Lascia la perfezione alle divinità, noi siamo imperfetti e incapaci di giustezza. Possiamo solo vivere e, se ci riusciamo senza troppe paure, abbiamo già vinto. Vivi Bree, il resto sono parole al vento.”

 

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