FROM WHATSAPP WITH LOVE

Quella mattina il sole splendeva, la primavera era alle porte, sentivo un’energia nuova scorrermi nelle vene…

Io ero in ritardo come sempre.

Ore 10.00 riunione settimanale con l’editore.

Lui odiava i ritardatari.

Quella stessa mattina la primavera doveva aver investito anche lui… Alessandro il capo, perché uno non mi urlò nonostante arrivai palesemente in ritardo (maledetti bus e ztl…).

Due mi diede l’incarico di inventarmi una nuova rubrica per la rivista qualcosa di frizzante, una rubrica al femminile!

Lo guardavo perplessa.

Io la darkettona single? Che caffè aveva preso stamane…? Lo volevo pure Io…

Sei quella giusta! stanotte ho avuto un’intuizione! Mi sei venuta in sogno! Mi urlò passandomi un papello di fogli.

Ok… non volevo più il suo caffè…

Accettai entusiasta, senza riserve, adoravo le sfide ed in ogni caso contraddirlo non sarebbe stata una buona idea…

Mentre imprecavo, dirigendomi a lavoro, ebbene sì, al mio vero lavoro, cominciai a macinare idee sopra idee. Non volevo una roba smielata, avevo sete di vita vera, volevo emozioni, sentimenti.  Conosciamo qualcuno, fissiamo insistentemente il cell, sperando in un whatsapp, nonostante la suoneria sia ON…ci fidanziamo, ci lasciamo, conviviamo, ci sposiamo, facciamo delle creature, o forse non ci accade niente di tutto questo. Pensiamo che l’amore debba seguire degli step prestabiliti, dei percorsi ben precisi. Talvolta invece ci ritroviamo a sbattere contro cose allucinanti alias persone allucinanti che ci lasciano spiazzate deluse ma soprattutto incazzate.

Se ero ancora single un paio di ragioni c’erano eh…

Decisi che volevo un rapporto diretto con le mie lettrici, non volevo storie da manuale. Immaginai la mia rubrica come un salottino dove fossimo tutte sedute ‘stracomode’ o per meglio dire ‘stravaccate’ a parlare delle nostre beghe amorose.

Di un’altra cosa ero certa: non volevo diventare ‘un guro dispensa consigli’ tipo i baci perugina va… Moccia non mi avrai…mai!

Le mie amiche avevano il mio numero… perché non avrebbero dovuto averlo anche le mie lettrici?!

Chiamai in corsa mamma e Megan la mia migliore amica, raccontai loro la novità e le mie idee.

Entrambe: risposero: “Tu sei totalmente pazza, sarà un delirio…”.

Quelle due erano maledettamente simili… uff!

“Beh, risposi… Ve ne siete accorte solo ora che non sto bene? “.

Avrei fatto prima con un gruppo su wa…

Nacque così la mia rubrica, ‘ From Whatsapp With Love’.

L’iniziativa riscosse un successo immediato, le lettrici reagirono entusiaste. In massa si iscrissero alla ‘wa list’, tant’è vero che dovetti prendere un secondo numero solo per loro. Mi sentivo molto Carrie Bradshaw, anche se vestivo con meno fronzoli e sicuramente avevo avuto meno amanti…

Ci vollero un paio di settimane, prima di andare a pieno regime, 3 storie a settimana, alcune volevano rimanere anonime… altre mi mandavano i selfie.

Era un delirio…quelle due avevano ragione… ma non l’avrei mai ammesso.

La sezione commenti era sempre strapiena, di consigli, complimenti, congratulazioni e di ‘mandalo a cagare’.

C’est la vie… mica si può avere sempre l’happy ending.

Alcuni Wa erano fantastici!!!

 

In breve tempo mi ritrovai a stare attaccata su Whatsapp h24, di notte di giorno.

Stavo lì a sbriciare nonostante la suoneria fosse ‘ON’… un genio va…

E dire che prima ero la regina dei dinosauri. Mi chiedevo come avessi fatto sin ad ora senza.

Touch chi? Touch cosa? Screen che?

Hellooooo sono single jo non touch nada h-e-l-l-o-o-o-o.

Comprai uno smarthphone per disperazione… non ne potevo più di sentirmi dire… Devi aggiornarti…

 
Una mattina una lettrice mi scrisse: “com’è possibile che siamo passati da: ‘ mi presti gli appunti di letteratura greca…alla nostra vita sessuale? ’ la fanciulla mi raccontava dei wa infuocati che si scambiavano lei ed un tipo…sia che ‘ dormissero’ insieme, che ‘ dormissero’ con altri…’ a quanto pare il loro non era un rapporto esclusivo, ma il loro sentirsi era tuttavia una costante.

Pensai che le vie dell’amore… sono infinite…’ l’amore ai tempi del colera’ e ‘l’amore ai tempi di whatsapp’ era una frase figa me la segnai e piazzai la fanciulla come prima storia della settimana.

Andai a lavoro mi aspettava una caxxo di giornata eravamo a fine mese, dovevo aggiornare e chiudere gli ultimi contratti. Ogni giorno 30, Andrea il mio capo, si trasformava in un troll, lui l’avvocato senior, colui che l’impero aveva creato, era preoccupato che la mia rubrica… mi distraesse… malgrado le mie costanti rassicurazioni…guardava più lui i miei cell che Io.
Secondo me leggeva la mia rubrica…

Avevo ben chiare le sue minacce: “Brianna se vuoi diventare socia, pochi cavoli, sei in gamba non puoi lasciarti sfuggire questa opportunità”.

Aveva ragione accidenti…tuttavia, nella mia testa il mio vero lavoro, era l’altro. Amavo più scrivere che seguire i divorzi in tribunale. Forse volevo solo cambiare vita, forse volevo un po’ di happy ending.

Avevo lavorato sodo, ero un avvocato civilista piuttosto richiesto con un alter ego altrettanto richiesto…

Improvvisamente sentì la mia borsa vibrare come se non ci fosse un domani, Mer..! guardai prima a destra poi a sinistra… il troll era in pausa caffè, sbirciai rapidamente non era la wa list, pensai ok… è mamma in preda all’ennesima sessione di shopping che mi manda le foto dei vestiti strafighi prima di comprarmeli. Santa donna non si rassegnava al mio guardaroba monocolore, né al mio odio per lo shopping… a me l’outfit da ufficio a lei quello per il tempo libero. Anche stavolta pregai di non sembrare un hippie, l’avrei richiamata in pausa. 10 minuti dopo, again, quel coso non smetteva di
‘Ringhellare’ sinistra, destra, niente troll, 104 wa di Megan.

Se un messaggio comincia con una serie di imprecazioni, non può essere niente di buono. 121, 134, 175 wa. Decisi di andare ‘un attimo in ‘bagno’ con l’auricolare… 96 wa vocali.

“Brianna che stai facendo?” chiese Andrea, una pratica su wa sarebbe stata la risposta più adatta, in realtà risposi candidamente che stavo stilando un testamento, “stai male?” incalzò, si era accorto delle 54 andate in bagno, sempre più candidamente… risposi “scusami Andrea sono quei giorni lì”… ed il troll fuggì.

Megan aveva avuto un ‘problemino’ con ‘ quandocisposiamocoso’ all’ anagrafe Damian.

Ecco perché il cell Drin Drin Ghellava senza sosta.

Si sa ci sono delle regole, del tipo sono a lavoro, sono in bagno, sono con qualcuno, il troll mi sderena. Ma io ero la sua migliore amica. A Megan non importava che il mio port- folio non constasse di 1000 esemplari, ma piuttosto di un paio per sbaglio, dovevo ascoltarla, dovevo capire, non dovevo sparare cavolate e non ero autorizzata a schiaffarla in rubrica… Megan la barbosa.

Meg era in singhiozzi e così anche i suoi wa. Impiegai l’intera mattinata a capire quale fosse il ‘problemino’.

Damian aveva lasciato Megan, era stata la scelta più dura della sua vita, non le aveva dato grandi spiegazioni.

All’anagrafe lui non voleva ferirla coi dettagli.

All’anagrafe lei lo avrebbe ferito/asfaltato se lui non le avesse dato i dettagli.

 
Megan il caterpillar, spontanea e diretta come poche, più che volerle bene a volte l’avrei presa a calci. Avevamo lavorato insieme per 4 anni prima che lei mi lasciasse da sola nelle grinfie del troll.  Accomunate dall’amore per la scrittura e per la lettura, legammo al 3’ giorno dello stage in studio. Da allora ogni occasione era buona per fare qualcosa insieme, uscite, mangiate e bevute. In una delle tante serate al Diners, conobbe Damian. Grazie a loro il mio romanticismo pressoché deceduto era risorto dalle sue ceneri. Entrambe avvocati sognavamo di fare altro. Megan ci era riuscita per prima aveva trovato un impiego in una prestigiosa casa editrice come autore/editor. Io dopo aver inviato 198 CV scrivevo per Vogue  (un miracolo) ed il mio capo folle mi aveva affidato una nuova rubrica…

Entrambe precisine ed inquadrate ci divertivamo a programmare non solo le nostre esistenze… ma pure quelle altrui!

Con somma gioia di Damian che non solo si ritrovò a gestire Megan, ma anche i miei racconti ed i miei 1000 mille dubbi marzulliani sul perché fossi ancora single…

Non faceva altro che dirmi: “Bree rilassati, aggiusta il tuo carattere e si risolverà tutto”.

Avrei preso a calci pure lui.

Damian l’esprit libre, aveva conquistato Megan, con 1000 bigliettini e miliardi di wa, credo che accettò di uscire con lui per disperazione. In realtà era stato amore a prima vista, intelligente, aitante occhi azzurri, come biasimarla 😉

Timido, pacato, oltre ad essere un fricchettone era anche un ingegnere ambientale. Quant’è vero che gli opposti si attraggono!!

Megan ti prego respira, se non smetti di piangere non ti capisco.

Che sofferenza sentirla così disperata.

Ricordo ancora la mattina dopo la loro prima uscita:

“Bree non puoi capire, l’abbiamo fatto!”.

“ …”.

“Bree ci sei?”.

“Si…”

“Non Vuoi i dettagli?”.

“Ma anche no… altrimenti poi non riesco a guardarlo più in faccia, sarebbe un peccato un visino così bello”

“Brianna!“.

“Uff, che taccagna che sei, condividere no? ”.

“Brianna!”.

Il fricchettone aveva deciso di seguire un corso stile: ‘ Lie to me’ mimica facciale, segni che indicano che stai mentendo etc…

Indovinate chi erano le cavie? Era un continuo analizzarci che ansia…

Per legittima difesa, ma anche un po’ per dispetto tentavamo sempre di fregarlo, Megan diceva che ero io l’attrice migliore.

Ogni volta che vedevo il suo nome sullo schermo mi attaccava la tachicardia, da mesi ormai, forse era giunta l’ora di andare da un dottore.

“Ciao Bree, come stai?”.

Domanda difficile concentrati…

“A posto Danny”.

“Stai mentendo!”.

“No Danny sto in ferie ricordi? Oltre che scarso sei pure rinco”.

E scoppiammo a ridere.

Questa cosa andò avanti per mesi, mi chiamava Megan disperata, Bree, Io ho dato oggi con Damian, tocca a te ora.

“In che senso hai dato? E io che dovrei dargli esattamente…?”.

Me la immaginavo bordeaux in viso.

Stranamente cadeva sempre la linea…

“Come ti ha lasciato? Come quando dove ma soprattutto perché?”.

4 anni insieme, una vita…

“Megan ripeti, dove hai lasciato Damian? Ieri? Metro? “.

Dov’è il latte d’avena, mannaggia a me ed ai miei esperimenti gluten free, che poi manco sono celiaca.

“Si si, sto qui Megan, accidenti ora ti sento, quindi?”.

“Mi ha lasciato per telefono, ha detto che ha bisogno di riflettere”.

“Su chi? Cosa? Voi? Lui? Te? Me? Noi?”

Io e la mia stupida ironia.

“Bree su di te non so”.

Adesso la sua ironia era più stupida della mia.

Benché loro fossero la coppia, noi eravamo il trio.

Lui adorava il cinema, era Megan stessa a dirgli chiama Bree vedi se esce lei con te, sto incasinata oggi a lavoro, tu adori quel film. Ironia della sorte amavamo gli stessi film e Meg era più che entusiasta di essere ‘bloccata a lavoro ’ e di non doverseli sorbire.

Ero la Co-fidanzata perfetta, niente beghe e tutto svago.

Quella settimana potevo essere io la storia numero due.

Damian mi chiamava spesso, anche solo per sapere se ero viva o meno (tachicardia a parte stavo benone).

“Ehi Danny, ciao, ti avverto non ho tempo per i tuoi giochetti, qui si scoppia oggi”.

“Ehi Bree, no, no tranquilla, avrei bisogno del tuo aiuto, mi richiami dopo?”

“Certo! Scusami! Caos!”

In effetti mi ero persa il wa di Megan, dove mi chiedeva se potevo prestare a Danny i libri di spagnolo.

Il colloquio! Ma certo! Andava dietro a quell’impiego da mesi, ce l’aveva fatta! Avrei dovuto fargli festa, rinco che non sono altro.

“Damian… rispondi rispondi !!”

“Bree dimmi”.

“Colloquio, colloquio, colloquio, era l’ultimo step, hai avuto il posto vero? Scusami mi è venuto il flash subito dopo, ma non potevo richiamarti… sai il troll”.

“Almeno tu te lo sei ricordato”.

Percepì amarezza.

“Congratulazioni! Sono felicissima!! Come dimenticarmene?! Colloqui vari, poi se passavi, prima tappa all’estero, stage e poi rientro in patria.”

“Esatto. Meg non se l’è ricordato, mi ha detto bravo amore tenta, fosse la volta buona. “

Damian desiderava ardentemente quel posto, ne aveva parlato per dei mesi, Lei criticava spesso il suo lavoro ed i suoi progetti, li riteneva strampalati. Io li trovavo emozionanti, posti nuovi, gente nuova. Non c’era niente che potessi dire per salvarla in quel momento. Quel posto significava stabilità economica, progetti a lungo termine, quel futuro che Damian voleva con Megan. Non ho mai capito se lei volesse le stesse cose, sembrava stesse benone così, ognuno a casa propria, ed uscite a go go.

“Bree?” dovevo essermi persa fra i miei pensieri.

“Si scusami, Danny è un traguardo fantastico, dai, stasera ci vediamo ti porto tutto“.

“Ok Bree, sei un tesoro a più tardi”.

… La tachicardia… era lì sempre in agguato, pronta ad assalirmi…

“Come per telefono? stai scherzando? Ti avverto se è uno dei vostri stupidi scherzi, vi uccido! “.

“No Bree non scherzo, non so che fare, non so che pensare, sento il vuoto rimbombare, mi sta scoppiando la testa”.

“Sei a casa? Arrivo”.

Al diavolo le gallette di soya, a me alcool e patatine, sono brava…sono cose gluten free.

 

“Ehi Danny scusa il ritardo, dov’è Meg? Mi si è spento il cell.

“Ritarda come sempre”.

Lo abbracciai di scatto ero troppo felice per lui!!

“Bree hai il cuore a 3000, sei andata a farti controllare sta tachicardia? Da quanto stai così? “.

“Da qualche tempo, fottitene racconta”.

Ricordavo bene, il lavoro dei suoi sogni, 6 mesi in Messico, a Puerto Vallarta, su una piattaforma petrolifera per fare dei rilevamenti.

Poi sarebbe tornato a lavorare in loco. Come potevo dimenticarlo, la tachicardia era cominciata proprio allora.

“Ti ricordi proprio tutto tu eh?”.

“Devo compensare il non saper usare Cortana. Quanto tempo abbiamo prima della partenza?”.

“Circa tre settimane”
”Ok studia!”.

“Eccola a programmarmi la vita…”.

“Hai un idea migliore Esprit libre? “.

“No, ti lovvo”.

“Difficile, non lovvarmi…”.

Quella sera Meg non ci raggiunse, scrisse che era stanca, ci aveva candidamente liquidati entrambi. Mi accompagnò all’auto.

“Vuoi che ti scorti?”.

Mi pareva bruttoooooooooooooo farmi accompagnare…

“Tranquillo è ancora presto”.

“Bree, mandami un wa appena sei a casa, così sto tranquillo”.

“Va bene papy”.

Scoppiammo a ridere.

“Notte”.

“Notte”.

Tachicardia portami via, tachicardia perché non vai via?

Mi avviai verso casa, avevo mille pensieri, stava partendo davvero, chissà come stava Meg in proposito, non mi aveva scritto nulla.

“Casa”.

Lessi il messaggio di Bree, ora potevo addormentarmi, perché non avevo sonno? Avevo mille pensieri che mi frullavano in testa.

Drin drin boom..

“Casa”.

“Megan sono io apri”.

Parlammo per delle ore. Damian le aveva detto che il rapporto si era raffreddato, che non era più sicuro dei suoi sentimenti, ma che soprattutto era stanco di essere sempre al secondo posto e di non essere supportato nei suoi progetti. Non si sentiva preso sul serio.

Megan di contro, non aveva notato segni di insofferenza e non pensava che lui facesse sul serio, pensava ad una incazzatura momentanea.

“Meg ti ricordi dei colloqui?”

“Si, il suo ennesimo progetto strampalato”.

“Meg…”.

“ Merd.. era il Messico? E io non gli dissi niente, neanche vi raggiunsi quella sera, avevo rimosso”.

C’era tanto rammarico nei suoi occhi.

“Bree io lo amo, lo sai, mi conosci, quante relazioni serie ho avuto?”

“Nessuna, le sabotavi tutte, nonostante fossero tutti ragazzi fantastici, trovavi sempre qualche motivo per rompere con loro”.

“Che ho che non va?”.

“Forse hai davvero paura di impegnarti seriamente”.

“Ogni volta che mi parlava di matrimonio, scoppiavo a ridere. Questo lo feriva. So solo che ora mi sento vuota, come ho fatto ad essere così insensibile?”.

“Vuoi che gli parli?”.

“Lo faresti?”.

“Per te, qualunque cosa”.

Mi svegliai a casa di Meg, me ne andai piano piano, finalmente riposava.

Ero stanca, ma non avevo sonno, decisi di farmi un giro, avevo bisogno di schiarirmi le idee.

 (Considerazioni in corsa, appunti storia 2 della settimana). Riflettevo sui rapporti di coppia, su come a volte siano maledettamente complicati. Se ti ritrovi a combattere per la tua relazione, vuol dire che già la parte bella è già persa da un pezzo. Forse non c’è un unico amore nella vita. A volte serve una scossa, qualcosa che ci risvegli dal torpore. Forse un cambiamento non salverà un rapporto, ma potrebbe salvarci da uno che non va. Spesso infatti tendiamo ad ignorare i segnali, sottovalutiamo le nostre esigenze, tendiamo ad annullarci nell’altro e all’improvviso, senza neanche accorgercene, siamo di nuovo soli.

L’indomani pomeriggio, ero alle prese con la terza storia della settimana.

Wa di Jules:

“Cara Brianna, mi sn innamorata del tipo della mia bestfriend, sn 1 mostro! Tra poco c’è + chimica fra me e lui che non fra loro. Nn so né come né quando sia successo, è successo e basta. Lei lo trascura me ne accorgo… Lui mi chiama spesso anche solo per sapere come sto, ci piacciono le stesse cose, si ricorda se ho qualche impegno importante o una giornata tosta. Qualcosa nel suo sguardo è cambiato, lei la sento a stento è sfuggente con me, mi esclude dalle uscite”.

Eh mo so cavoli… pensai…

Decisi di fare una pausa e chiamare Danny.

Rispose col suo solito tono allegro, non sapevo come affrontare la conversazione.

“Ciao Topo”.

Ciao Topo… davvero? che cavolo avevo 12 anni?

Calò il silenzio per qualche secondo, fu lui ad interromperlo.

“Bree so che per te deve essere davvero difficile fare questa chiamata”.

“Danny sai quanto io voglia bene ad entrambi, mi spiace tanto, davvero”.

“Bree, tu te ne eri già accorta, che le cose erano cambiate, o sbaglio? Io stesso pensavo di avere un attimo di paranoia, sai quanto avessi investito in questa relazione. Ma giorno dopo giorno, sono cambiato, non mi bastava più, non potevo fare finta di nulla. Sono mesi che le parlo, ma non accade nulla”.

“Danny, io…”.

“Bree, non serve che tu dica nulla, dille che mi dispiace, che avrei tanto voluto che le cose andassero diversamente”.

“Lo farò”.

Bel casino, pensai, Meg sperava in un ritorno, Damian aveva deciso, era risoluto, non c’era nulla che potessi fare.

Scrissi un wa a Megan, per accennarle il tutto, dicendole di richiamarmi appena poteva.

MESSAGGIO VISUALIZZATO, NESSUNA RISP

Pensai fosse incasinata.

Fra Jules, Damian ed un paio di chiamate alle mie clienti, il pomeriggio era praticamente volato.

Guardai l’orologio erano le 21,00 avevo fame e ancora nessuna risp.

Forse aveva solo bisogno di spazio, non volevo assillarla.

ORE 9 MEG SN IO RICHIAMAMI – VISUALIZZATO.

ORE 13,00 ULTIMO ACCESSO 12,40

MEG SN IO COME STAI? –VISUALIZZATO

Mi stava evitando?

ORE 16,00 MEG SIAMO ADULTE DIMMI CHE SUCCEDE, MI STO PREOCCUPANDO RISP— VISUALIZZATO.

Smollai il cell, avevo due appuntamenti, una separazione e un divorzio, giornata a tema olè…

ORE 20 era Jules, aveva deciso di sbloccare l’empasse, avevo fatto il ‘guru’, lo aveva affrontato, non era matta, aveva ragione, Matteo si stava innamorando di lei, ora avrebbe dovuto affrontare la sua migliore amica.

ORE 22,00 il cell prese a trillare all’impazzata, era Megan finalmente…

Drin drin drin

Azz stava facendo i poemi, aspettai finisse, presi una tazza di tè e mi sedetti a leggere.

Rimasi sconvolta 56 wa: il riassunto?

La causa dei suoi problemi e della rottura con Danny ero io.

Io fin troppo presente fra loro, il mio carattere affabile, il mio essere sempre lì per loro. Secondo lei lavoravo in sordina da mesi per rubarle il ragazzo, poiché incapace di trovarmene uno da sola. Aveva fatto due + due, stessi gusti musicali e cinematografici: avevamo una tresca da mesi.

Non risposi ero profondamente offesa, come poteva anche solo pensare queste cose di me?

Lei lo trascurava, era lei a coinvolgermi… era mio dovere ascoltarli, avevo ottimi gusti musicali, io una ladra? Giammai!

Passò una settimana, seguì il mio stesso consiglio, sbloccai l’empasse, erano spariti entrambi.

Scrissi a Megan, le dissi che il suo sfogo era falso ed ingiusto, che capivo la sua rabbia ma che non ero certo io la fonte dei suoi guai.

Rispose a razzo si scusò, mi disse che aveva bisogno di spazio, che le ricordavo troppo Danny. Mi stava ‘lasciando’.

Le dissi: ’ quando vuoi cercami, ti voglio bene’.

Chiuse la comunicazione.

Ero triste tanto triste.

Quella settimana avevo lavorato 60 ore, come negli ultimi due anni precedenti, volevo quella promozione, la meritavo, ero stremata.

 

2:00 AM DRIN DRIN BOOM

Damian?

Avevo le suonerie personalizzate…

“Bree sei sveglia?”.

“Ora si…”.

Mannaggia si ricordava che avevo il sonno leggero, quante caspita di cose sapeva su di me?

“Scusami la sparizione Bree, ho avuto 1000 grilli per la testa, sono state giornate difficili, ho avuto il lavoro. Parto domani notte, ho bisogno di vederti, non posso andarmene senza salutarti”. Sei l’unica che abbia mai creduto in me!”.

Partiva. T

Tachicardia.

“Parti? Di già?”

“Si, sei libera domani? Alle 13,00 da Diners?”.

“Ci sarò”.

Da Diners, lì dove tutto era iniziato, dove Danny aveva conosciuto Megan e dove io avevo incontrato Danny.

“Notte Topa”.

Notte topa… mah?!

Ovviamente, non riuscì a dormire quella notte, avevo mille domande e nessuna risposta, cos’era quel nodo allo stomaco?

Se, se ne fosse andato senza salutarmi, l’avrei ucciso al suo ritorno. E se non fosse tornato? Metti decideva di restare lì e sposava una Juanita? una Carmen? Oddio 16 ore di volo per un matrimonio? Io odio volare!

Dove sono i malox?

Tachicardia.

Crollai nelle mattinate, aprì gli occhi erano le 12,40 merda!!!

Mi sistemai al volo… wa: ‘ritardo arrivo ordina bloccati lì!’

In ritardo come sempre, recitai la tiritera… maledetti bus…

Le mie occhiaie tradirono la mia farsa.

Non potevo dirgli per colpa sua non avevo chiuso occhio, in quel momento ebbi un flash… davvero non avevo dormito per colpa sua?

Aveva ordinato il mio piatto preferito, mi raccontò del colloquio e dei preparativi per la partenza, non chiese di Megan. Vidi l’entusiasmo nei suoi occhi, finalmente poteva fare ciò che amava. Ma vedevo anche una sorta di rammarico, sembrava che stesse per dirmi qualcosa, non so cosa, ma poi rinunciava.

Un po’ come quando sei su wa: e vedi ‘ sta scrivendo’ e poi non scrive più.

Restammo lì per ore a parlare, come i vecchi tempi come se nulla fosse cambiato. In realtà tutto era cambiato, lui stava partendo, mi stava ‘lasciando‘ anche lui.

Mi chiese di accompagnarlo in aeroporto.

“E poi che ci faccio con la tua Jaguar?”.

“Tienila così arriverai in orario una volta tanto…”.

“Davvero?”.

“Sì”.

Sorrisi entusiasta.

Non avevo un auto per ripicca contro il traffico, ma guidare la sua macchina era tutta un’altra storia…

Ultima chiamata per il volo A5 2358.

“E’ il mio”.

“Volevo dirgli 1000 cose, ma nessuna venne fuori”

Mi abbracciò fortissimo, mi guardò negli occhi, gli sorrisi, stavo per piangere.

“A presto…”.

Mi urlò dal check in:

“Ti mando un bacio, ci vediamo all’improvviso”.

E sparì tra la folla.

Rimasi lì, non riuscivo ad andarmene.

 Prese quel volo.

I giorni passavano tutti uguali, avevo ottenuto la promozione, lavoravo 36 ore a settimana. Avevo le ferie, una Jaguar e più tempo per la mia rubrica. Non avevo più la tachicardia, ma sentivo un vuoto costante, non riuscivo a capire cosa fosse, probabilmente era gastrite.

Era passato 1 mese, Danny mi scriveva ogni giorno. Poi ogni 2, poi ogni 3.

Erano passate 2 settimane nessuna email, pensai problemi di connessione, magari era in trasferta altrove.

Erano passati due mesi, finalmente un email, trovai una foto Lui abbracciato ad una tipa, con scritto sono felice.

Mi raccontava come si erano conosciuti e cosa facevano.

A quanto pare si divertivano un mondo.

Ero imbestialita. Guardavo quella foto, sembravano davvero felici.

Guarda sta sciacquetta, non pare altissima. Da quanto non si lavava i capelli, perché si veste come un clown?

Ero gelosa?!

Ad un tratto tutto mi apparse chiaro.

Scoppiai in lacrime, non era tachicardia, ero innamorata, non era gastrite, mi mancava. Avevo ignorato i miei sentimenti troppo a lungo.

Lo avevo sempre saputo, ma non potevo non volevo.

Lo avevo sempre saputo,ora volevo, ma non potevo.

Avevo perso la nostra occasione, nessuno dei due aveva avuto il coraggio, ecco cosa voleva dirmi. Anche lui aveva capito!

Gli dissi che ero felice per lui.

Prima gli scrivevo ogni giorno, poi ogni due, poi ogni 3.

Non avevo problemi di connessione.

Non potevo sopportarlo.

Potevo deprimermi e piangermi addosso o potevo reagire.

Mi piansi addosso e poi reagì.

Dovevo riprendere le redini della mia vita, mi ero lasciata trasportare dagli eventi, dagli obblighi, avevo portato avanti tutti i miei obiettivi. Mi serviva un progetto nuovo. Sarebbe tornato fra 4 mesi? Forse sì? Forse no? Con lei? Non lo so.

So solo che quella mattina andai da Andrea, colui che l’impero creò e gli dissi che volevo un periodo di aspettativa, 6 mesi per incominciare, mi disse che ero pazza, mollavo appena promossa.

Chiedere aspettativa era un beneficio riservato solo i soci, gli dissi che ero in burn out, che avevo bisogno di nuova energia prima di ricominciare da socia…

Lui mi capì ci era già passato anni prima, non mi fece ostruzionismo…lo ringraziai, promettendogli di farmi sentire e vedere, sei mesi erano poca roba in fondo.

Damian era partito da 4 mesi, non parlava mai del suo rientro, ma dei posti e delle esperienze che faceva e della famiglia di lei.

Margarita di qua, Margarita di là… si chiamava come un cocktail… mah?!

Era il mio primo giorno da donna libera, mi serviva un piano d’azione:

Avevo sempre voluto frequentare un corso della protezione civile, ed uno di pronto soccorso. Mi misi su Google, trovai una strana combinazione fra i due, chiamai durava due mesi e c’erano ancora posti disponibili, andata!

Inoltre tramite questa associazione, seppi che era possibile fare del volontariato presso gli ospedali. Si trattava di chiacchierare coi pazienti, dare conforto, fare qualche notte per compagnia era perfetto.

Mi sentivo bene, stavo facendo qualcosa che mi faceva sentire utile, stavo facendo qualcosa che volevo fare da millenni ma che non avevo potuto fare sino ad allora.

Continuai con la rubrica, all’improvviso mi capitarono tutti casi di amori a distanza… #disperazione #daje.

Non facevo altro che pensare che l’amore ha tante sfaccettature.

L’amore per il nostro lavoro, l’amore dei familiari che curano i loro cari ammalati, la gioia di saper un amico/amica felice.

Megan era sparita, ogni tanto pensavo a lei, mi mancava.

Stavo controllando la posta e trovai un suo messaggio: “domani mi sposo, indirizzo e orario, ti voglio bene”.

Andai al matrimonio mi corse in contro, stava per distruggere trucco e parrucco. Era raggiante. Sposava uno scrittore, non l’avevo mai vista così felice.

“Non potevo sposarmi senza di te”.

“Hai messo la testa a posto vero?”

“Cappio al collo Bree…”.

Mi chiese di aggiornarla, non chiese di Damian, le raccontai tutto il resto.

“Pronto soccorso eh?”.

“Brava Topa”.

Fu una giornata indimenticabile, ci congedammo ripromettendoci di non sparire.

Perché Bree mi scrive così poco? Dove sono quei cavolo di malox?!

 
I 6 mesi erano quasi trascorsi.

Finalmente Damian si degnò di scrivermi: gli prolungavano lo stage all’estero.

Altri 6 lunghi mesi, per quanto mi sforzassi di non pensare a lui, era un chiodo fisso che andava tolto.

Mi limitavo a raccontargli che combinavo, era fiero di me, era felice per me, come sempreeeeeeeeeeee, ovviamente non mancavano le foto di Margarita.

Decisi di chiedere pure io l’intero anno di aspettativa, Andrea voleva uccidermi, ma acconsentì, a patto che chiudessi un paio di casi che avevo in carico, ne fui più che felice, odiavo le pendenze…

Vinsi quelle due cause, ero ancora tosta.

Feci corsi e contro corsi fino ad essere un ordinario nella protezione civile, settore amministrativo… un avvocato faceva comodo …

Facevo due notti a settimana, conobbi persone dolcissime. Li vidi entrare ed uscire dall’ospedale.

Avevo conosciuto un sacco di gente favolosa, anche un paio di colleghi non erano male.

I vestiti hippie scelti da mia madre avevano funzionato.

Incominciai a frequentarmi con uno di loro, uscivamo ci divertivamo. Mi baciò sotto casa al secondo appuntamento, al terzo, al quarto, al tredicesimo…

Da quanto non avevo un primo appuntamento? Figurati un secondo…

Non accadde altro.

Ares era fantastico, ma… non era Damian, nessuno era come Damian.

Chiodo schiaccia chiodo, un paio di palle…

Ciao Madre, che mi cucinato oggi? mia madre mi guardava accigliata, odiava vedermi così. Lei se ne era accorta dal primo appuntamento di Megan, che Danny era quello giusto per me… e dirmelo prima noooo?!

Mi disse che dovevo capirlo da sola…

Bell’aiuto… grazie madre -_-‘

Forse aveva ragione, ero cresciutella … d’altronde…

Non ricevevo email da un po’. Lo avevo perso. Era il mio unico rimpianto.

Non avevo combattuto, ma neanche lui.

Mi sedetti. Tentai mille volte di scrivere a Bree, ma non mi riusciva, scrivevo cancellavo, mi sembrava di stare su whatsapp.

Non andava bene per niente, sapevo cosa dovevo fare. Mi mancavano le sue sparate, il suo organizzarsi allo stremo, mi mancava il suo profumo, e se avesse già incontrato un altro? Aitante palestrato? Alessandro il suo editore?!

16ore di volo.

Mi mancavano i suoi wa, non sentivo più il suo drin drin boom da mesi.

Mi mancava il suo sorriso, ma soprattutto ero incazzata che avesse preferito una tipetta senza storia, a meeeeeeeeeeee.

#orgoglioferito #infame #gastrite.

 
Arrivai sotto casa sua, con i bagagli, non potevo aspettare, rimasi sotto il portone per un eternità.

Non avevo nessun piano d’azione.

Cosa le avrei detto? Sono un cretino perdonami?

Ti Ho sempre amata sono un cretino, perdonami?

Le mandai un wa…

DRIN DRIN BOOM DRIN DRIN BOOM

Damian?

“Per arrivare da qualche parte, a volte bisogna andarsene”.

Non capì, non sapevo che rispondere.

Ero arrabbiata per la sua sparizione ma felice di sentirlo.

Non sapevo se sentirmi più arrabbiata o più felice.

Vagavo per casa imprecando, nel disperato tentativo di capire il senso di quel messaggio.

Se stava per dirmi che stava per sposarsi, tramite wa, lo avrei ucciso!!

Ci mancava solo che piombasse a casa mia a presentarmi miss cocktail…

VISUALIZZATO—

Non risponde, dorme? Mi odia? Busso?

 
Suonò il citofono.

“Eh no… è sabato, sono le 7,30 del mattino, ci mancavano solo i testimoni di geova”.
Risposi tutto d’un fiato:
“Grazie ma non sono interessata a sentire quello che hai da dirmi”.

“Ma se non mi hai nemmeno fatto parlare, che ne sai che non ti interessa?”.

Avrei riconosciuto quella risata fra mille, Damian, come? Cosa? che ci fa qui? mi guardai, ero in pigiama, beh era carino, capelli arruffati ma puliti, poteva funzionare. Vestaglia mi serviva una vestaglia. No la vestaglia non funzionava…Amen facevano 40*.

DRIIIIIIIIIIIIIINNNNNNNNNNNN

“Bree? posso salire?”
“Sali”.
“Bree posso?”
Ero sgattaiolata in bagno a pettinarmi…
“Entra, urlai”.

Sbirciai dalla porta, stava curiosando in giro, era solo.

Quando mi vide rimase interdetto…

“Se ti aspettavi Naomi Campbell, alle 7,30 del mattino, vedi che hai sbagliato indirizzo…”.

“Ricevi tutti i tuoi ospiti in pigiamino, oppure ho interrotto qualcosa?!”.

“E secondo te ti aprivo? vada che non ti vedo da un po’… ma non esagerare…
Presi quella dannata vestaglia…
“Sono curiosa di sapere come giustificherai a ‘Lei’ l’essermi venuto a trovare, te lo dico già da ora, sono incasinata, non ho tempo per cene e cenette…”.

“Quale ‘Lei’?”.

Il mio umore stava migliorando…

“Mister e Miss Felicità all’estero…”.

E’ gelosa buon segno…

“Beh l’ho baciata al 2’-3’-32’-42’ appuntamento e poi boh, da quanto non avevo un primo appuntamento? figurati un 42’ “.
“Non piacevi ai suoceri? “.
“No, no mi adoravano! “.
“Ci sono! ti sei stancato del fatto che non si lavasse mai i capelli “.
“No…”
“Cosa allora? “.

Fece un passo verso di me.

“Non eri Tu”.
Disse con un filo di voce.

Tachicardia.Tachicardia.Tachicardia.

Ero felice, ma non riuscì a dire nulla.
Cosa pensava di fare, era sparito per un anno…
Si avvicinò lentamente, non conoscevo quello sguardo, non sapevo cosa aspettarmi.

Arretrai.

“Che stai facendo? pensi forse di poter piombare in casa mia e nella mia vita dopo un anno Damian, un anno!”.

“Te l’avevo detto che ci saremmo rivisti all’improvviso”.

Accorciò le distanze fra noi nuovamente.

“Tecnicamente non ero mai ‘piombato’ a casa tua.
Tecnicamente speravo di non essere uscito dalla tua vita.
Carino qui comunque, mi aspettavo più caos…”.

“Non avevi detto che avevi qualcosa da dirmi?”.
Devo ammetterlo, Ares non era male…”.
“Che ne sai di Ares, Tu? “
“Facebook…”.
Avevo rimosso quei 100 tag…a quanto pare non abbastanza in fretta…
“Che t’importa? “.
“Non vuoi sapere perché mi importa? “.
“Devi invitarmi al tuo matrimonio, ti serve sapere se ho il plus one?”.

Eravamo ancora uno di fronte all’altro, continuava a guardarmi esitante, sentivo il suo respiro, andava veloce come il mio.

“Sei sempre stata Tu. Da quando ti ho visto per la prima volta”.

Incorniciò il mio viso, aveva delle mani morbidissime. Non c’era più alcuna distanza fra noi.

“Che stupido sono stato a non accorgermene prima, perdonami”.

La scrittrice ero io ma fu lui quello bravo con le parole.

“Bree, non soffrivi di tachicardia, ero io! io ti piacevo! Ero io, sono sempre stato io…”.

Scoppiai a ridere a quel pensiero. Mi guardò perplesso.

“A cosa stai pensando? dimmelo…”.

Risposi di getto: “ho preso la cardio aspirina per dei mesi…”.

Scoppiò a ridere fragorosamente, era abituato alle mie sparate.

“Bree sei sempre la solita, ma si può? sto tentando di baciarti da 20 minuti… “.

“Certe cose si fanno, non si dicono” risposi sfidandolo…

Colse la sfida, mozzandomi il respiro.

Un bacio lungo, travolgente, carico di tutte quelle parole che non ci eravamo detti.
Un bacio intenso, forte come quel legame che ci univa.
Un bacio prepotente di chi troppo a lungo aveva atteso.
Non mi dava tregua.

Anche lui vide uno sguardo diverso in me, che decifrò immediatamente, capì che lo volevo, tanto quanto lui voleva me.
Mi strinse più forte a se, il suo cuore andava all’impazzata, sentivo il suo desiderio crescere, ed il mio fiato spezzarsi.
Non c’era più alcuna distanza fra noi, i nostri corpi aderivano come due metà di uno stesso intero.
Le sue mani scorrevano lungo il mio corpo, lo lasciai fare.
Era come se il mio corpo si stesse risvegliando, attimo dopo attimo, tocco dopo tocco.
Sembrava quasi che i nostri corpi si conoscessero da sempre.
Mi sfilò la vestaglia ed il pigiama, non mi ricordo quando o come accadde, accadde e basta, neanche lui aveva più i suoi abiti, ero stata io? beh forse…
Mi prese in braccio e mi adagiò dolcemente sul letto.
Continuava a baciarmi dolcemente, ci guardammo per degli istanti infiniti, eravamo noi, eravamo sempre stati ‘Noi’. Eravamo sorpresi, felici, curiosi, non era un contesto usuale per noi…
Quella giorno, l’imbarazzo cedette il posto al desiderio e la timidezza alla voglia di scoprirsi.
Quella fu la nostra prima volta e fu amore, non avevo mai provato niente del genere. Era delicato ed energico allo stesso tempo, com’era possibile?
Fu una lunga giornata…ricordo che non dormì molto…ma che il ritmo era stato quello giusto… e non una volta sola…
Mi svegliai per prima, lo guardai dormiva profondamente, beato, intrecciai le mie dita fra i suoi capelli e lo baciai dolcemente.
Ti amo topa, disse aprendo piano piano gli occhioni blue…
Ti amo topo, risposi perdendomi nei suoi occhi…

1 ANNO DOPO…

“Danny Danny, svegliati è ora…”.
“Bree sei incredibile, dammi tregua…”.
“Sei sempre il solito deficiente… le acque le acque le acque”.
“Ok, ok, vuoi l’acqua ho capito…”.
Domani sera, bottiglia sul comodino…
“Danny l-e- A-C-Q-U-E”.
Mi si erano rotte le acque, era ora… pareva non volesse uscire più…
Caxxo le acque sentivo Damian correre per casa borbottando acque, chiavi, borsa, auto, chiavi, acqua. L’ Esprit libre era ufficialmente impanicato. Scese perfino in garage da solo… mentre io ero accoffolata sul divano a mandare wa con le foto dello scoiattolo impazzito ed i messaggi vocali dei miei ‘ Ohm… Ohm…Ohm’.
Le contrazioni si stavano facendo più ravvicinate.
Lo scoiattolo salì a riprendermi e volammo…mi sequestrò il cell … ma io lo costrinsi a finire di avvisare tutti… le mie lettrici incluse… voleva uccidermi… “sei pazza, stai partorendo, bastaaaaaaaaaa”.

Come potevo escluderle? in 9 mesi erano state pazzesche!!! Qualcuna si era davvero messa sul mio divano di casa a raccontarmi le sue beghe amorose.
La sala d’aspetto si riempì in un’ora ed erano le 4 del mattino… mi odiavano per averli svegliati ma erano tanto tanto felici per noi.
Alessandro, Andrea, le nostre famiglie gli amici si precipitarono.

Mia Madre, Cassidy ci aveva preso… avevo sposato Damian un mese dopo la sua citofonata, mi cucì lei l’abito da sposa. Arrivò in ospedale con lo zaino del corredino tutto fatto da lei, colori neutri…perché non avevamo voluto sapere il sesso del bambino.
Il cell non smise di trillare un attimo, ogni drin era un pezzetto d’affetto via cavo. L’esprit libre non voleva guardare, ma il cell lo sapeva usare…
2 ore dopo arrivò Beth, 3.800 gr di piccinaggine, capelli neri come i miei e occhi azzurri come Damian, scoppiammo a piangere era perfetta!!

Negli anni a seguire arrivarono: Brian, Isabel e Zoe.

Damian riusciva a perdere sistematicamente le chiavi e si impanicò ogni santa volta.
Gli amici e parenti accorsero ogni singola volta, a seguito del wa di allerta…
Quando fu il turno di Phoebe, presi io le chiavi ed il borsone e mi piazzai davanti la porta…

Quella volta fra i 1000 regali, arrivò anche un televisore Hd 56 pollici una roba fighissima. Non capimmo mai il senso di quel regalo… ma i bambini lo adoravano… il che ci concesse di ritagliarci un po’ di tempo per noi 😉
Danny Danny è oraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa…

Prologo

Entrai da Diners quella sera, solita serata fra amici, volevamo rimorchiare, ero un imbranato di prima categoria. Notai subito una ragazza, lunghi capelli neri, fasciata da un mini abitino nero, leggins, anfibi, rossetto rosso. Era una favola!! Mi corse uno strano brivido lungo la schiena. Mi colpì la leggiadria con la quale si muoveva dentro quel locale super affollato. Scivolava sinuosamente fra i tavoli, sperando di raggiungere il bancone. I nostri sguardi si incrociarono per un istante. Non avrei mai avuto il coraggio di parlarle. Una come lei non avrebbe mai calcolato uno come me. Mi avvicinai al bancone sentì il Barista salutarla:

“Ehi Bree come butta?”.

“Bene John grazie, giornata tosta in tribunale”.
“Prendi il solito?”.
“Sì grazie, sei un tesoro”.

Eccola sparire con una corona condita ed una busta di patatine, a me il barista aveva dato due anacardi per sbaglio. Una Corona la mia stessa scelta, sorrisi a quel pensiero.
“Ehi Meg, ho visto un bellissimo ragazzo al bancone”.
“Gli hai parlato?”.
“Certo che no, è più il tuo tipo”.
“Giornata dell’autostima? e che hai fatto?”.
“Sono rimasta lì a vedere la sua faccia mentre me ne andavo con le patatine, era impagabile… mi avrà odiato…John gli ha dato mezza ciotola di anacardi tristi”.

“Che antipatica che sei…”.

“Meg mica potevo raccontargli che avevo seguito la causa di John che aveva fatto un affare con l’acquisto del Diners e che come compenso avevo chiesto alcool e patatine a vita”.

“No infatti dovevi solo dirgli ciao”.

“Noooo uno come lui non guarderebbe mai una come me”.
Pensai… peccato era alto aitante occhi chiari…

Passai ‘casualmente’ vicino al suo tavolo volevo risentire la sua voce, volevo rivedere il suo sorriso, parlava dell’uscita di ‘The force awakens ’ adoro star wars …
Era una cliente abituale sperai di rivederla… nelle serate successive…

20 pensieri su “FROM WHATSAPP WITH LOVE

  1. Partecipante al: “From WhatsApp with Love… – Scrivi una storia breve e vinci un’intervista su Bookoria”.
    (Sperando vada messo qui come commento e di non aver frainteso).
    Ero entrato da Diners per una solita serata tra amici, di quelle in cui la massima aspirazione è rimorchiare una. Alcuni di loro erano già riusciti nell’intento e sicuramente si stavano divertendo nel bagno del locale, mentre gli altri stavano schiamazzando vivacemente sulla partita fuori, fumandosi una sigaretta. Io, come al solito, ero rimasto tristemente solo al bancone del bar, dopo aver finito metà di una confezione di patatine. Ero un imbranato di prima categoria e come un povero sfigato non riuscivo a reggere nemmeno più di una red bull. L’occhio mi cadde su una ragazza, di quelle che noti praticamente subito. Non era tanto per il suo corpo fasciato da un mini abitino nero, che comunque metteva in risalto le sue forme su cui sicuramente i miei amici avrebbero fatto un pensierino. No, era la leggiadria con cui si muoveva dentro quel locale superaffollato. Io sarei andato a sbattere praticamente contro chiunque, cosa che avevo fatto per arrivare fino al bar. Il suo sorriso era accentuato da un rossetto rosso fuoco, ma ammetto che più volte il mio sguardo era sceso, aveva due gambe da favole strette da leggins. Solitamente erano le ragazzine più giovani, emo e sfigate a fare le dark; ma in quel caso era diverso, sembrava che quella moretta stupefacente fosse nata per vivere in quei panni. Diamine, aveva persino gli anfibi, come diamine riusciva a scivolare sinuosamente tra i tavoli? Raggiunse anche lei il bancone e mi scese un brivido lungo la schiena. Era una favola!
    I nostri sguardi si incrociarono per un istante. Se fossi stato uno dei miei amici probabilmente le avrei offerto da bere, ma diamine ero un tale imbranato che mi si seccò la gola. Non avrei mai avuto il coraggio di parlarle. E poi a che pro? Una come lei non avrebbe mai calcolato uno come me.
    Il Barista la salutò amichevolmente, doveva essere una cliente fissa. Strano, anche io ci venivo spesso, ma non l’avevo mai notata.
    “Ehi Bree come butta?” le domandò. Bree, persino il nome era una figata. Dovevo essere stato cieco e sordo, o solo immensamente stupido, per essermela lasciata sfuggire.
    “Bene John, grazie, giornata tosta in tribunale”. John, che razza di nome comune è John? Perché deve parlare con un John ed invece io non riesco a dire niente?
    “Prendi il solito?”.
    “Sì grazie, sei un tesoro”. Il solito si rivelò essere una corona condita e una busta di patatine. Hai capito John? Con lei era tutto melenso ed il suo ordine lo conosceva a memoria. A me rifilò due anacardi, per sbaglio.

    Il locale era davvero gremito, pensavo che mi sarebbe toccato sgomitare per riuscire a districarmi tra tutta questa gente. Poco male, se pensavano che una futura avvocatessa, specializzata in divorzi, si spaventasse; avevano fatto male i loro conti.
    “Ehi Meg, ho visto un bellissimo ragazzo al bancone” dissi alla mia migliore amica. Pensavo che avere un’amica del cuore fosse una cosa legata al passato, all’infanzia. Con Meg, però, c’era stata subito chimica. Forse perché eravamo entrambe stagiste, forse perché mi serviva una spalla con il capo terribile che ci eravamo ritrovate o semplicemente perché amavamo entrambe scrivere.
    “Gli hai parlato?”. Mi domandò con un po’ troppo interesse. Sarà che lei era abituata ad essere circondata da uomini, con cui usciva un paio di volte per poi sabotare la relazione. Guai ad essere ingabbiata in una storia stabile, e sì che in realtà nelle altre cose aveva la testa sulle spalle, mi ricordava dannatamente mia madre.
    “Certo che no, è più il tuo tipo”. Avevo sentito il battito cardiaco aumentare. Maledizione, avevo cominciato a soffrire di tachicardia.
    “Giornata dell’autostima? E che hai fatto?”. Meg si era incuriosita, ma rispondere al suo interrogatorio non mi andava in quel momento. Insomma, stavo per morire di tachicardia!
    “Sono rimasta lì a vedere la sua faccia mentre me ne andavo con le patatine, era impagabile… mi avrà odiato… John gli ha dato mezza ciotola di anacardi tristi”. Mi interrogai sul fatto che improvvisamente faceva un caldo assurdo nel locale e mi convinsi della necessità di tenere bassi i riscaldamenti.
    “Che antipatica che sei…”. Quando Meg faceva così, avevo voglia di ucciderla o comunque di prenderla a calci in quel sedere perfetto che si ritrovava.
    “Meg mica potevo raccontargli che avevo seguito la causa di John che aveva fatto un affare con l’acquisto del Diners e che come compenso avevo chiesto alcool e patatine a vita”.
    “No, infatti, dovevi solo dirgli ciao”.
    “Noooo, uno come lui non guarderebbe mai una come me”. E lo pensavo fermamente. Insomma alto, aitante, occhi chiari. Invece io ero una dark, con una madre che tentava in tutti i modi di renderla hippie.
    Passai ‘casualmente’ vicino al suo tavolo, volevo risentire la sua voce, volevo rivedere il suo sorriso, parlava dell’uscita di ‘The force awakens ’. Adoravo star wars. Sentii che un suo amico lo chiama Damian e che era intenzionato a diventare un cliente abituale del locale.

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  2. Un giorno, una rampante giornalista,

    andando al lavoro, di mattina presto,

    vide sul suo tavolo una lista…

    …e accanto a quella lista, un breve testo,

    scritto dal suo Capo, di proprio pugno.

    “Devo dirti una cosa importante !!!!!..”

    Lei giá si immaginava lui, col”grugno”

    perchè il suo Capo era sempre arrogante :

    ma stavolta…chissá come mai…chissá perché

    sentiva nascere un’opportunitá…

    In quella redazione erano in tre,

    “Sapete se ci sono novitá?”

    chiese alle altre due colleghe…

    “Sapete oggi il Capo cosa vuole??

    Perchè oggi io…non voglio ‘beghe’.

    e assecondare il Capo…assai mi duole!

    A meno che non ci sia una svista,

    prima ho trovato sulla scrivania

    un foglio con una scritta, ed una lista

    che devo ancor guardare e fare mia :

    ora ve la leggo :   VOGLIO RUBRICA NUOVA,

    NUOVE IDEE PER I LETTORI

    ADESSO TI METTO ALLA PROVA :

    TROVA UNA SOLUZIONE… OPPUR SEI FUORI !!!”

    Capite adesso ? Una nuova rubrica

    vuole da me, oggi… rapidamente…

    …ma io non so…io non lo so mica

    se ce la faccio… devo spremermi la mente!!!

    Mi verrá pure una bella idea

    per fargli vedere tutto il mio valor…

    perchè ciò che si inventa, quello che si crea

    è frutto dell’impegno sul lavor !!! ”

    E cosî, la brava giornalista

    si mise lî a cercar la soluzione

    per dare vita e corpo a quella lista

    e dar soddisfazione al suo “padrone”!

    Ma mentre era lî che si scervellava

    alla ricerca di un’idea nuova,

    sentî che il telefonino “messaggiava”…

    Una delle colleghe gli dice : “Prova

    a vedere cosa ti hanno scritto…

    …magari uno spunto ci potrai trovare

    …sai…le mie amiche si scrivon “fitto fitto”

    centinaia di messaggi…non ti pare

    un occasione per farlo stare zitto

    quel Capo che ti mette alla berlina,

    che vuol sempre metterti alla prova?

    Coraggio, diamogli una bella lezioncina

    e diamogli un’idea davvero nuova !”

    Le giornaliste presero i telefonini

    e cominciarono a scaricar commenti

    e testi vari dai loro messaggini ;

    e dopo avverne scaricati tanti

    trovarono un bel  filo conduttore

    tra tutti quelle frasi, anche banali

    ma in modo tale da creare storie…

    forse un po’ strane… ma tanto originali !!!

    Quando fecero vedere il risultato

    di questo lavoro, il Capo non credeva

    ai propri occhi… ne fu estasiato !

    .. era proprio quello che voleva…

    …e disse : “Questa rubrica, per sempre rimarrá…

    ne son sicuro…ne sono certo, adesso !

    “FROM WHAT’S APP WITH LOVE si chiamerá,

    ed avrá tantissimo successo !!!”

    ________________________________________
                                     ALBERTO DIAMANTI

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  3. E così ero innamorata di lui. Ci avevo messo secoli a capirlo, l’aveva capito prima Megan di me. Chissà se Damian ci era arrivato, forse era proprio di questo che voleva parlarmi quella volta al Diners, prima di partire.
    Ma come avevo potuto essere così scema? Tachicardia, sul serio? Ma fatti due domande, no?
    Cosa potevo fare a quel punto? Damien era partito, lo stage durava sei mesi e, a quel che sembrava, aveva già rimpiazzato sia me che Megan con una nuova fiamma, una bonazza messicana del nome improbabile.
    No, no Brianna non farti frenare di nuovo, non lasciar perdere! Se ce l’ha fatta Jules, la ragazza di wa, puoi farcela pure tu, sei grande e vaccinata.
    Passai la nottata a controllare i voli, a cercare coincidenze e a spulciare le offerte last minute. Alla fine trovai un volo per il Messico, partiva due giorni dopo. Dovevo andare da lui, dovevo capire se potevamo essere di più, non potevo lasciarlo andare di nuovo come una sciocca, avrei dovuto fermarlo molto tempo prima. Se solo ripensavo alla storia della tachicardia mi veniva voglia di prendermi a schiaffi da sola.
    Il giorno successivo piombai in ufficio come una furia. Andrea mi prese per una squilibrata. Lo avvisai che sarei partita e lui sfoggiò la sua migliore smorfia di disappunto.
    -Me sei impazzita? Che vai a fare in Messico così, di punto in bianco?- sbraitò accalorato. Mi sorpresi di non veder uscire del fumo dalle sue narici.
    -Devo risolvere il problema della mia tachicardia- replicai decisa, certa di confonderlo ancora di più.
    Andrea grugnì. -E devi espatriare per farlo?-
    -Esattamente. Non resterò a lungo, ti terrò aggiornato sul mio rientro. Devi concedermelo.-
    Alla fine Andrea non sputò fuoco e nemmeno mi mandò al diavolo, anzi, si arrese e mi augurò buon viaggio, seppure a denti stretti.
    Un passo era fatto. Corsi a casa, preparai le valige, riesumai il passaporto, sperando fosse ancora valido -grazie al cielo sì- e passai l’intera giornata a percorrere la casa avanti e indietro, incapace di stare ferma, impaziente come mai lo ero stata prima.
    Comunicai alle mie lettrici del mio piccolo viaggio alla scoperta dell’amore e fui sommersa di incoraggiamenti, consigli e richieste di souvenir.
    Finalmente fu ora di partire, arrivai all’aeroporto con quattro ore di anticipo, check-in, controllo bagagli, metal detector -no, non sono una terrorista posso riavere le mie scarpe? Grazie…-
    Le ore successive furono un crescendo di ansia ed emozione ad alternanza regolare. Non avevo idea di cosa avrei fatto una volta sbarcata.
    Alla fine atterrai. Cominciai a scorrere febbrilmente i messaggi che avevo scambiato con Damien alla ricerca del suo indirizzo. Eppure ricordavo me l’avesse detto una volta, eccolo!
    Raccattai la valigia e corsi fuori dall’aeroporto, dove fui accolta da una folata di aria afosa che mi mozzò il respiro. Chiamai un taxi e consegnai all’autista l’indirizzo, gesticolando. Il mio spagnolo lasciava molto a desiderare.
    Ero lì. Davanti ad un piccolo stabile dal quale erano stati ricavati quattro appartamenti, Damien stava al secondo piano. Suonai il campanello ma nessuno rispose; per un orribile istante temetti di ritrovarmi la bonazza messicana alla porta. Mi passai una mano sulla fronte per asciugare il sudore e mi accasciai sui gradini dell’ingresso. Prima o poi doveva pur tornare, no?
    Passarono ore, il sole tramontò. Le persone che passavano di lì mi scrutavano con espressioni accigliate, domandandosi se fossi una vagabonda o semplicemente un’ubriacona.
    Forse si è trasferito da Margarita…
    Fu in quel momento che mi arrivò un suo messaggio:
    “Bree, ciao”
    Diceva solo questo. Il mio cuore stava per esplodere e stavo per avere un attacco isterico per un semplice ciao. Mi trattenni a stento dal mandarlo al diavolo.
    “Danny… sei a casa?”
    “No, sono all’aeroporto”
    Ok, ora mi prende un colpo secco.
    “Fermo, perché sei all’aeroporto?”
    “Mi manchi. C’è una cosa importante che devo dirti”
    “Sì, pure io. Infatti ti sto aspettando davanti a casa tua. Sì, hai capito bene, sono in Messico e mi sto liquefacendo sui tuoi gradini.”
    Dopo il mio messaggio il telefono ammutolì, mi domandai se le mie parole non l’avessero fatto salire sul primo volo per Shangai. Ebbi la mia risposta venti minuti dopo quando, affannato e radioso, Damien si parò di fronte a me, sollevandomi di peso dai gradini e stringendomi a sé, nonostante il mio aspetto terribile.
    -Ma cosa ci fai qui? Perché non mi hai avvisato del tuo arrivo?-
    -Danny non ero tachicardica- annunciai apparentemente senza alcun nesso logico –e avevo anche un aspetto più presentabile tre ore fa, quando mi sono accasciata qui- aggiunsi in mia difesa. Damien però mi guardava come se fossi la cosa più bella che lui avesse mai visto. Tiè Margarita!
    -Di cosa stai parlando?-
    -Parlo di te e di me. Ci sono arrivata tardi ma, meglio tardi che mai. Ho preso il primo aereo che ho trovato per dirtelo. Sono innamorata di te, da sempre.-
    Damien mi osservò sbigottito e poi, senza proferire parola, mi avvolse tra le sue braccia e mi baciò, come se non potesse farne a meno, come se avesse aspettato chissà quanti anni per farlo e forse era proprio così.
    -Era ora che te ne accorgessi!- sussurrò, separandosi dalle mie labbra, la testa appoggiata alla mia e gli occhi socchiusi. –Era una vita che ti aspettavo. Non ho mai voluto altri che te.-
    Mi tremavano le gambe, un finale perfetto per una ragazza imperfetta, un amore dolce e complice per una donna che credeva che non avrebbe mai trovato la sua metà. Invece era lì, era sempre stato sotto il mio naso e tutto il mio corpo aveva disperatamente tentato di farmelo capire. Persino la mia migliore amica se n’era accorta prima di me.
    -Tu… tu stavi venendo da me?- domandai inebetita, ricordando l’aeroporto.
    Damien ridacchiò. –Non potevo più aspettare, te lo avrei fatto capire ma sembra che tu ce l’abbia fatta, alla fine.-
    -Pensa se mentre io ti aspettavo qua tu volavi verso casa…-
    Scoppiammo entrambi a ridere e ci abbracciammo e poi ci baciammo di nuovo, con nuovo slancio e con maggiore intensità.
    Ero arrivata al mio traguardo, finalmente. Dopo tanto correre, dopo tanto annaspare, dopo mille domande e dubbi, consigli elargiti e pasticche per la tachicardia, ero dove avrei sempre dovuto essere. Ero a casa.

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  4. Pingback: From WhatsApp with Love... - Scrivi una storia breve e vinci un'intervista su Bookoria | BOOKoria

    • Questa è la domanda che più terrorizza chiunque scriva qualcosa 😉 allora… posseggo davvero i leggins neri ed ho più di un vestito nero….. uso spesso i rossetti di Kiko bree ha il 908… bus ahimè true story… ho studiato un anno a legge, e ho davvero 3 rubriche on line…

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  5. Sylvia McPoock

    “Stavo controllando la posta e trovai un suo messaggio: “domani mi sposo, indirizzo e orario, ti voglio bene”.

    Non mi sorprese tanto che si sposasse, quanto il fatto che non avesse avuto bisogno di parlarmene prima, quando si era innamorata, quando ha capito di essere corrisposta o, almeno, quando la vita di coppia ha preso la direzione del “finché morte non ci separi”.
    Durante questo periodo di separazione a me è mancata davvero, nessuno l’aveva sostituita nel mio cuore e, se avessi incontrato qualcuno di veramente importante, sarebbe stata la prima a saperlo con tutti i dettagli.
    Certo, non le avevo raccontanto sempre tutto di me, ma avevo condiviso con lei i pensieri più intimi e i momenti più significativi degli ultimi anni, almeno finché non ha avuto bisogno di una pausa.
    Maledette ‘ste pause, mica siamo dei registratori!
    Comunque ero talmente felice di rivederla che ho messo da parte ogni recriminazione e mi sono concentrata sulla scelta dell’abito per la cerimonia. L’indomani non sarei mancata, sarei stata di nuovo al suo fianco, se lei me l’avesse permesso.

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  6. PARTECIPO ANCHE IO – GRAZIE PER L’OPPORTUNITA’!

    Mi svegliai lentamente, aprii un occhio, poi l’altro. Provai a mettere a fuoco ciò che mi circondava: armadio con anta aperta (come ogni mattino), sedia sommersa dagli abiti (si, ero e sono una di ‘quelle’ persone), un muro ricoperto di foto.
    Focalizzai l’attenzione sulla foto al centro: io con un cupcake tra le mani, Meg alla mia destra, Damian a sinistra; uno scatto di vita quotidiana, la mia, la nostra.
    Mi alzai sui gomiti cercando di capire perché il mio inconscio avesse voluto propinarmi questo assurdo assurdo sogno.
    «Perché è assurdo, no?» Mi ritrovai a dire al vuoto attorno a me «Lo è vero? Io non posso provare niente per lui! Niente!»
    Misi le mani sul viso come a voler cacciare il solo pensiero che anche il minimo sentimento provato in sogno fosse vero.
    Non ebbi molto tempo per pensarci, la rubrica, il capo, Meg e Damian ovviamente, mi riportarono alla realtà e ai miei ritmi folli.
    «Bree ci sei?» Megan parlava da ore e io non avevo sentito una sola parola
    «Si! No! Scusa Meg!»
    «Che ti prende? Non è da te questo silenzio.»
    Era sinceramente preoccupata e io mi sentii ancora più colpevole.
    «Devo dirti una cosa.»
    Sembravo una bambina che avesse appena fatto una marachella.
    «Ti ascolto.» Si avvicinò un po’ di più a me, cercando il mio sguardo con i suoi occhi.
    «Io…io…» Inspirai e deglutii contemporaneamente e rischiai di soffocare «io credo di essere innamorata di Damian!»
    La sua espressione fu dapprima divertita, quando capì che non stessi scherzando mi chiese «Perché credi una cosa del genere?»
    Le raccontai tutto, del mio sogno, di come avessi passato la giornata a pensarci e ripensarci.
    La sua domanda successiva mi spiazzò.
    «Pensi di dirglielo?»
    «No!»
    «Perché no?»
    Perché? Davvero mi stava chiedendo perché?
    «Meg io non so neanche se sia vero, mi sento così in colpa,come potrei guardarlo in faccia? Ho già vomitato e rischiato un infarto prima che tu venissi. Ma dovevo dirlo almeno a te, non potevo sparire dalla vostra vita senza spiegazioni.»
    Vidi una lacrima bagnarle il viso.
    «Non so cosa dire.»
    «Arrabbiati! Dimmi quanto ti faccia schifo, ma non piangere porca miseria!»
    Stavo piangendo anche io.
    «Posso provare a darti un consiglio? Anche se credo di essere piuttosto sconvolta in questo momento.»
    Le feci solo un cenno con la testa.
    «Secondo me dovresti provare a vederlo, a parlargli, a capire se è solo una tua momentanea perdita di senno. Magari sei sola da troppo tempo, magari hai proiettato il tuo bisogno d’amore nella persona che ti è più vicina.»
    Ero davvero scioccata, la sicurezza nei confronti del loro amore mi fece sentire una grande, gigantesca stronza ma anche un’amica più fortunata di quanto meritassi.
    «Se provi qualcosa per lui, allora deciderai tu cosa è meglio. Ma io non ti perdo senza un vero motivo.»
    Mi addormentai tra le sue braccia e mi svegliai sola, sul mio divano, con accanto un biglietto che diceva ‘ho detto al mostro che non andrai a lavoro e a Damian che devi parlargli. Ti voglio bene e te ne vorrò sempre.’
    Passai la mattina a vagare per casa come un’anima in pena, finché Damian non arrivò e io non ebbi un mezzo infarto, di nuovo.
    Dapprima mi raccontò del più e del meno, lo studiai bene per capire se mi sentissi attratta e pensai
    ‘Chi può essere attratto da un uomo che indossa un bomber verde fluorescente?’
    E ancora ‘non può piacermi uno più strano di me’
    Infine ‘non posso essere innamorata di lui, non posso, non posso.’
    Quando lui interruppe il mio flusso di pensieri chiedendomi perché avessi voluto vederlo gli risposi tutto d’un fiato.
    «Cosa provi per me?»
    Avrei voluto darmi uno schiaffo talmente forte da stordirmi.
    «Che vuoi dire?» Lui rideva.
    «Quello che ho detto.»
    «Sei la mia migliore amica. Una sorella praticamente.»
    Una sorella.
    Sentirlo dire non mi fece male, anzi mi sollevò, e allora capii che forse, forse, forse l’ipotesi di Meg non era così sbagliata.
    «Perché me lo hai chiesto?»
    «Perché sono strana, no?»
    «Ma tanto Bree, tanto strana. Ma noi ti amiamo così!»
    Glissai l’argomento con grande maestria e mandai un messaggio a Meg dicendole che avesse ragione lei ma che mi sarei comunque allontanata per un po’ di tempo, perché avevo bisogno di spazi nuovi e solo miei in cui ritrovarmi e ritrovare altro.
    Sembrò folle, e sempre lo sembrerà, decidere su due piedi e solo per colpa di uno stupido sogno.
    Ma la stupida ero io, che rimandando i miei pensieri di donna avevo cominciato a vivere una vita guardando la vetta e perdendomi il cammino.
    Ero innamorata del mio migliore amico, del fidanzato della mia migliore amica?
    No.
    Ero attratta da lui, mi piaceva pensare che esistesse un uomo capace di tanto sentimento, che verso di me era solo fraterno ma che aveva risvegliato in me l’amore per l’amore stesso.
    Il giorno dopo dissi ad Andrea che avrei preso un periodo di aspettativa, credo che non abbia pianto per dignità.
    Raccattai tutto ciò che avevo e partii alla volta di Bergen, consapevole che non stessi scappando dalla mia vita ma stessi cercando la nuova me.
    E la me che tornò sei mesi dopo non aveva solo cinque chili in più e esperienze di lavoro che mai avrebbe pensato di fare; la nuova me era innamorata di se stessa e pronta ad innamorarsi ancora e ancora.

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  7. Partecipo al contest, indetto su Facebook, ‘From Whatsapp With Love’.

    “Quella mattina il sole splendeva, la primavera era alle porte, sentivo un’energia nuova scorrermi nelle vene…
    Come sempre ero in ritardo.
    Alle dieci si sarebbe tenuta la riunione settimanale con l’editore.
    Lui odiava i ritardatari.
    Quella stessa mattina, la primavera doveva aver investito anche lui. Alessandro, il capo, non mi riprese sbraitando, nonostante arrivai palesemente in ritardo.
    “Maledetti bus!” pensai.
    Per seconda cosa, diede l’incarico di inventare una nuova rubrica per la rivista, qualcosa di frizzante! Qualcosa… al femminile!
    Lo guardai perplessa.
    “Io, la darkettona single? Che caffè aveva preso stamane? Lo avrei voluto anch’io…”
    «Sei quella giusta! Stanotte ho avuto un’intuizione! Mi sei apparsa in sogno!» urlò, passandomi una manciata di fogli.
    Accettai entusiasta l’incarico, senza riserve. Adoravo le sfide e in ogni caso contraddirlo non sarebbe stata una buona idea.
    Mentre imprecavo, dirigendomi a lavoro, ebbene sì, al mio vero lavoro, cominciai a macinare idee a destra e a manca. Non desideravo una roba melensa, avevo sete di vita vera.
    Volevo emozioni.
    Sentimenti.
    L’Amore.

    Un anno più tardi…

    L’iniziativa riscosse un successo talmente grande che fui costretta ad acquistare un nuovo telefono con tanto di secondo numero per le mie lettrici. Alcune vogliono rimanere anonime; altre, invece, mi inviano persino i loro selfie!
    Sono finalmente riuscita a creare una rubrica sotto forma di salottino virtuale, dove le mie fan possono sedere in modo confortevole e parlare dei loro intrighi amorosi.
    Non solo, pochi mesi fa ho conosciuto un tipo veramente carino da Diners… e ho preso, per sbaglio, due anacardi, invece di uno. Con la coda dell’occhio, però, ho intravisto che anche lui aveva ordinato una corona condita! A tal pensiero ho sorriso!
    “Sarà forse destino?” riflettei tra me e me.
    Non gli ho ancora parlato e non so se lo farò. Meg, la mia migliore amica, nei giorni scorsi mi ha ripetuto fino allo sfinimento che un tentativo va fatto. Che vada bene oppure no.
    Eccolo, di nuovo.
    È seduto a uno dei tavoli, da Diners, e parla amabilmente dell’imminente uscita di ‘The Forke Awakens’. Percepisco la sua voce. È allegra.
    Vibrante.
    A passo calmo, seppur incerto, mi faccio forza e mi dirigo verso di lui.
    Purtroppo, forse, sono finita invischiata in uno di quei soliti cliché, esordendo con l’approccio più banale e insipido che questo mondo abbia mai conosciuto.

    «Ciao.
    Per caso, ho appena acquistato qui due sacchettini di anacardi, peccato che io sia così sazia da non poter mangiare il secondo. Arreco disturbo se lo regalo a te, piuttosto che gettarlo?
    Sai, mi è stato insegnato che niente si butta e che tutto può tornare utile.
    Piacere di conoscerti… io sono Brianna, e tu?».

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  8. Nella storia che sto per raccontarvi, ho perso l’Amore e l’Amore ha perduto me. Mi stavo nascondendo da qualche parte e lui, pur cercandomi, non mi ha trovata. Mi ero nascosta davvero bene. Alla fine se ne è andato proprio nel momento in cui sarei volentieri uscita dal mio nascondiglio.
    L’ultima cosa che ho visto di lui sono state le spalle, la sua scia, e quando ti trovi ad osservare l’ultimo bagliore di qualcosa vuol dire che hai sprecato molto tempo a fare dell’altro.
    “L’Amore si vive, non si scrive.” Sono le parole di una delle partecipanti alla mia rubrica su Wathapp. E se lo dice lei che è una che scrive romanzi rosa, ci devo credere per forza. “Non lo pensare, non cercare una traduzione mentale del sentimento. Non portarlo così in alto da renderlo irraggiungibile. Lascia la perfezione alle divinità, noi siamo imperfetti e incapaci di giustezza. Possiamo solo vivere e, se ci riusciamo senza troppe paure, abbiamo già vinto. Vivi Bree, il resto sono parole al vento.”

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